giovedì 1 settembre 2011

Un giorno questo libro ti sarà (in)utile?

31/08/011

Oggi ho letto "Un giorno questo dolore ti sarà utile" di Peter Cameron, Adelphi edizioni. Ne avevo letto delle citazioni che mi erano piaciute così in biblioteca ho deciso di prenderlo. Si legge tutto d'un fiato, in meno di tre ore, non è un capolavoro, la trama non è particolarmente originale: romanzo di formazione sulla falsariga delGiovane Holden, molto simile anche a "Ragazzo da parete" di Chbosky Stephen, (Frassinelli, 2006) che avevo letto sempre da adolescente. Il protagonista del romanzo di Cameron è James, un ragazzo di diciott'anni che vive a New York con la madre e la sorella Gillian. Ha un rapporto problematico con le persone, l'ossessione per la precisione verbale, una confusa identità sessuale e nessuna voglia di andare all'università perché vuole evitare di stare in un posto pieno di coetanei spocchiosi. La sua ambizione è piuttosto comprarsi una casetta nel Kansas dove leggere tutto il tempo Trollope.
Insomma, cose già sentite... Ci sono alcuni passaggi interessanti specie nei dialoghi del ragazzo con la psichiatra o con sua nonna, lo stile è scorrevole, qualcuno dice 'delicato', la chiusura dei paragrafi lascia sempre un velo di amarezza, malinconia, la stessa del ragazzo nel percepire il mondo da cui si sente escluso. Una specie di voce narrante alla Houellebeck, per chi lo conosce grande cantore del cinismo e della disillusione postmoderna - certo è che non raggiunge la stessa potenza nichilista - e nemmeno ne ne ha l'ambizione. Una 'Solitudine dei numeri primi', ma con una prosa di qualità un po' più matura mi viene da definirlo, poi vedete voi, di roba da leggere ce n'è - per fortuna -.

Concludo con una citazione che mi ha colpito:

"A volte le brutte esperienze aiutano, servono a chiarire che cosa dobbiamo fare davvero. Forse ti sembro troppo ottimista, ma io penso che le persone che fanno solo belle esperienze non sono molto interessanti. Possono essere appagate, e magari a modo loro anche felici, ma non sono molto profonde. Ora la tua ti può sembrare una sciagura che ti complica la vita, ma sai...godersi i momenti felici è facile. Non che la felicità sia necessariamente semplice. Io non credo, però, che la tua vità sarà così, e sono convinta che proprio per questo tu sarai una persona migliore. Il difficile è non lasciarsi abbattere dai momenti brutti. Devi considerarli un dono - un dono crudele, ma pur sempre un dono. "

25/08/011

Non permettiamo alle cazzabubbole di rovinarci la vita.

E dopo questa perla di saggezza vado a letto, anzi visto che ci sono già vado sotto, non sotto il letto, bensì: sotto il lenzuolo trapuntato che riveste il mio letto, mentre è curioso che stamane - dopo aver cercato per un'ora in lungo e in largo in camera mia un libro - l'abbia trovato proprio sotto il letto! Il libro in questione è un saggio molto bello che consiglio a tutti gli appassionati di estetica e arte contemporanea: 'Trasgressioni - I colpi proibiti dell'arte' di Anthony Julius, per Bruno Mondadori editore. Come da titolo l'autore si prefigge di ripercorrere la storia dell'arte nei suoi ultimi centocinquant'anni in luce dell'anti-categoria del trasgressivo.

Riporto un estratto:

La trasgressione è un istinto culturale, il desiderio di rivoluzionare quello che la cultura stessa ha prodotto. Emersa alla metà del XIX secolo, divenne una pratica artistica. Inaugura lo sviluppo dei generi; ne mette in discussione il fondamento, stabilisce degli antigeneri. Ma non esiste un genere trasgressivo in sé. È piuttosto una pratica per smontare la teoria, è un’estetica separata e anche - in varia misura - un aspetto di qualunque opera d’arte degna di più di uno sguardo, di qualunque opera d’arte che non sia totalmente conforme alle regole e priva della benché minima audacia. La trasgressione riguarda la necessaria violenza dell’artista nei confronti dei suoi predecessori (ricordiamo il motto di Picasso, «In arte bisogna uccidere il proprio padre»), e riguarda anche l’impegno dell’arte «a una perpetua rivoluzione immorale dell’ordine esistente» (il progetto di Apollinaire). Riguarda gli aspetti più caratteristici della modernità, e anche l’assurdità di rinchiudere l’arte moderna in categorie, anche nella contro categoria del trasgressivo. […] Se si tratta di un’estetica, allora lo è solo perché è un’antiestetica che ipoteticamente si muove in tre direzioni: la violazione delle regole dell’arte, la violazione dei tabù, l’opposizione politica.

Ma l’autore del saggio non intende assolutamente riordinare l’arte moderna in relazione a queste tre visioni, in quanto sono tipologie ideali non corrispondono ad alcuna opera d’arte specifica, anche se numerose opere possono essere capite, almeno in parte, in relazione ad esse. Ed è significativo come per me le opere e gli autori che mi stanno più a cuore siano riconducibili ud una o tutte e tre le classi sopra citate, penso in primo luogo a Manet e in secondo a Duchamp. Entrambi pionieri di quella rivoluzione del gusto che a suo tempo fece disgusto, oggi la déjuner sur l'herbe non shocca più nessuno, la Monna Lisa baffuta ci fa sorridere, eppure ci fornisce un modello, fa parte di una tradizione che in quanto tale è pronta per essere trasgredita a sua volta. L'arte è questo gioco al rilancio, che , per citare Mallarmé: Jamais N'Abolira Le Hasard.

«L’arte non è l’attuazione di un canone di bellezza, ma quello che l’istinto e l’intelligenza riescono a concepire al di là di esso» Picasso


Nessun commento:

Posta un commento

*Stay hungry, stay foolish*