giovedì 13 marzo 2014


« La tua sessualità è ambigua, si legge nei tuoi quadri », a volte mi è stato detto. Credo che alludessero alle opere in cui il mio viso ha tratti mascolini, o ad alcuni particolari: in un tale quadro, to’, c’è una lumaca, simbolo di ermafroditismo… Ah, sì, e i miei eterni “baffi”! A questo proposito, devo confessarlo: è una storia con Diego. Una volta mi sono azzardata a depilarli, ed è andato su tutte le furie. A Diego piacciono i miei baffi, segno di distinzione, nell’Ottocento, delle donne della borghesia messicana che in tal modo ostentavano le loro origini spagnole (l’indio, si sa, è imberbe). Credo che l’individuo sia molteplice: un uomo porta il segno della femminilità; una donna porta l’elemento uomo; entrambi portano in sé il figlio.


— Frida Kahlo

L'amore di Fedra


FEDRA: Ti amo.

Silenzio

IPPOLITO: Perché?

FEDRA: Sei difficile. Volubile, cinico, amaro, grasso, decadente, sfatto. Stai a letto tutto il giorno e guardi la Tv tutta la notte, barcolli qua e là per la casa con gli occhi assonnati e senza un pensiero per nessuno. Soffri. Ti adoro.

IPPOLITO: Non è sensato.

FEDRA: Nemmeno l’amore.

Ippolito e Fedra si guardano in silenzio.
Lui ritorna alla televisione e alla macchinina.

FEDRA: Hai mai pensato di scopare con me?

IPPOLITO: Io penso di scopare con tutti.

FEDRA: Ti farebbe felice?

IPPOLITO: Non è la parola giusta.

FEDRA: No, ma –
Ti piacerebbe?

IPPOLITO: No. Non mi piace mai.

FEDRA: Allora che lo fai a fare?

IPPOLITO: La vita è troppo lunga.

FEDRA: Io penso che ti piacerebbe. Con me.

IPPOLITO: C’è gente a cui piace, credo. Quella roba lì. Avere una vita.

FEDRA: Anche tu hai una vita.

IPPOLITO: No. Io riempio le giornate. Aspetto.

FEDRA: Cosa?

IPPOLITO: Non lo so. Che succeda qualcosa.

FEDRA: Qualcosa sta succedendo.

IPPOLITO: Non succede mai nulla.

FEDRA: Ora sì.

IPPOLITO: Fino ad oggi no. Riempio le giornate di schifezze. Di robaccia, di schegge, mozziconi, vivacchio, Cristo infame.

FEDRA: Riempile di me.

IPPOLITO: C’è gente così. Gente che non scandisce il tempo, lo vive. Felice. Con il suo amore. Io la odio.

FEDRA: Perché?

IPPOLITO: Fa buio grazie a Dio il giorno è quasi finito.
(Un lungo silenzio)
Se scopiamo non ci parleremo mai più.

FEDRA: Io non sono fatta così.

IPPOLITO: Io sì.

FEDRA: Io no.

IPPOLITO: Vedrai.

Si guardano

Sarah Kane, L'amore di Fedra

La crisi della civiltà


"Nelle fasi primitive della civiltà una gran parte della vita sociale si esprime in forma di giuoco, e cioè in una temporanea limitazione dell’umana condotta secondo norme liberamente riconosciute, in forma conclusiva e conchiusa. Una rappresentazione stilizzata sostituisce di tanto in tanto l’aspirazione all’utile o all’appagamento. Se il giuoco ha carattere sacro, l’attività diventa culto o rito. Anche quando il rito sia cruento o prenda forma di gara, l’azione resta pur sempre un giuoco. Avviene in un punto limitato dello spazio e del tempo: luogo consacrato, barriera di combattimento, piazza della sagra. Entro questi limiti la vita ordinaria è temporaneamente sospesa. La realtà al di fuori del luogo dello spettacolo per il momento è dimenticata, ci si abbandona a un’illusione collettiva, il giudizio libero è messo da parte. Tutti questi segni li ritroviamo per intero anche oggi in ogni giuoco autentico: giuoco di bambini, e gara sportiva, teatro.

Il carattere essenziale, che vale per ogni giuoco – sia esso culto, rappresentazione, gara o sagra – sta in ciò, che a un determinato istante essofinisce. Gli spettatori vanno a casa, gli attori depongono la maschera, la rappresentazione è finita. Ed ecco rivelarsi a questo punto la menzogna del nostro tempo: il giuoco in certi casi non finisce mai, non è dunque un vero giuoco. Ha preso piede. È avvenuta una vasta contaminazione di giuoco e di serietà. Le due sfere si confondono. Negli spettacoli che vogliono passare per seri c’è, nascosto e insidioso, un elemento di giuoco. […]

Tracce di questa contaminazione ne troviamo sempre, per quanto lontano si spinga il nostro sguardo. L’inizio del contrasto giuoco-serietà si perde nelle tenebre della psicologia animale. È però assai dubbio privilegio dell’odierna civiltà occidentale d’avere mescolato a un grado estremo queste due sfere di attività. In infiniti uomini, colti o incolti, l’atteggiamento di giuoco di fronte alla vita, che è proprio del fanciullo, diventa permanente. […]

L’universale indebolimento del giudizio e della critica crea il suolo propizio a questa condizione. La massa si trova a suo perfetto agio in uno stato di semilibera esaltazione, e meraviglia come il formarsi di questo stato d’animo venga provocato e alimentato anche dal prodigioso sviluppo della tecnica.

L’uomo vive letteralmente nel suo mondo di prodigi come un fanciullo, è anzi un fanciullo di una fiaba. Può viaggiare in velivolo, parlare con un altro emisfero, procurarsi delle leccornie mettendo pochi soldi in un automatico, portarsi a casa un pezzo di mondo con la radio. Preme un bottone e la vita gli affluisce incontro. Può tale vita renderlo emancipato? Al contrario. La vita per lui è diventata un giocattolo. C’è da stupire che egli vi si comporti come un bambino?"

JOHAN HUIZINGA, La crisi della civiltà (1937)