martedì 6 settembre 2011

Era dell'autenticità

Carolìn ha detto:"Be',stiamo a vedere. Magari L'era dell'Autenticità potrà offrirci nuovi spunti di riflessione,nuove visuali artistiche e letterarie,non per questo inferiori alle precedenti.D'altra parte,credo che la nascita di una nuova Era sia parallela e conseguente al fatto che si avvertano esigenze nuove,diverse e che sia necessario esprimerle in modi altrettanto nuovi e diversi.Forse non ho cercato bene,ma quando ho apertol'articolo l'era dell'Autenticità era solo citata,non spiegata...

Illuminami,se puoi."


Forse non si è capita molto la mia posizione, ma io trovo piuttosto ridicola l'affermazione del signor Docx, cioè che la morte del postmoderno fissata il 24 Settembre; naturalmente è una notizia sensazionalistica volta ad attirare l'attenzione sulla mostra citata, certo è che a mio parere offre uno spunto di riflessione interessante riguardo il presente che stiamo vivendo e i suoi punti di frattura o continuità con il più recente passato. Il Postmoderno nasce in seno al modernismo, ne prende alcune caratteristiche e ne contamina altre utilizzando le tecniche messe a disposizione anche dal progresso tecnologico e delle comunicazioni. Sta di fatto che come sottolinea l'autore i modernisti avevano dei programmi, scrivevano manifesti, contestabili, ma comunque decisi a dare una propria visione del mondo in rottura con la tradizione delle accademie. Invece il postmoderno non offre nessuna idea 'forte' e appunto Vattimo e Rovatti parlavano di pensiero debole, e di 'deriva destinale dell'essere' per indicare la sostanziale impossibilità di professare una verità autentica, come quella cristiana o marxista, ora, mi sembra di capire che da diversi fronti arrivino voci diverse. Ma questo già da anni, quindi mi sembra anacronistica l'annuncio di morte del postmoderno, e anche abbastanza inverosimile la dicitura 'Era dell'autenticità'. Un modo semplicistico per chiudere molte delle scomode questioni del postmoderno a fronte di un rinnovato e quanto mai insistente bisogno di certezze che in tempi di crisi si desiderano come non mai. La religione lo sa, in particolare mostra di saperlo molto bene Comunione e Liberazione che ha intitolato il suo recente meeting annuale di Rimini: 'E l'esistenza diventa un'immensa certezza'. Ma quando un inviato domandava ai partecipanti quale fosse la loro 'certezza' la risposta non era quella che si potrebbe aspettare da un membro di una comunità cristiana, ovvero: Gesù - bensì la certezza di essere parte di un gruppo fondato su valori condivisi (sulla qualità si può discuterne...). Cito questo esempio perché mi sembra che le nuove certezze di cui a volte ci facciamo orgoglio di possedere non sono altro che costruzioni simboliche che trovano rimando nel senso di appartenenza, e in questo senso si connette la popolarità di social network e community virtuali, dove i meccanismi d'interazione si fondano spesso sul 'piacere comune'. Un modo per autenticarci è l'essere disposti ad esibire approvazione con un 'mi piace'. D'altro canto è da notare come molte pagine e diciture rielaborate della cultura pop e mediatica siano indubbiamente originali e divertenti. Un riso amaro però, di chi sta al gioco, ma nel frattempo non vede l'ora di liberarsene. Liberarsi del postmoderno con l'era dell'autentico? In ogni caso è certo che le interpretazioni hanno stufato', si ha fame di fatti, di realismo. Il 'New Realism' di cui parla Ferraris e a cui Vattimo ribatte: "Prendiamo atto del fallimento, pratico, delle speranza post-moderniste. Ma certo non nel senso di tornare 'realisti' pensando che la verità accertata (da chi? Mai che un realista se lo domandi) ci salvi, dopo la sbornia ideal-ermeneutica-nichilista."


Insomma la questione è aperta, Warhol dai mille occhi della sua Marylin ci guarda.


2 commenti:

  1. Anche io sono angosciato dalla "fine del postmoderno" in questi giorni, ci penso in continuazione. Ma per essere sincero, non ci credo neppure molto. Come cercherò di argomentare nei prossimi giorni sui miei blog certe affermazioni dei filosofi sono più che altro giochi di potere, passaggi di consegna storici ai quali non corrispondono per forza reali (ecco il realismo...) cambiamenti sociali.

    Quanto alle posizioni di Vattimo-Ferraris le conosco bene, e tra i due non c'è molto da scegliere: il primo si tormenta con cose come il possibile ritorno del comunismo (!) e il secondo dopo la sbornia decostruzionista (grande amico di Derrida, etc.) non sapeva che fare per essere up to date :-)

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  2. Musi,grazie per essere passata e aver commentato,ma la mia risposta non era quella.Quella che ho scritto è solo una prima parte delle mie rifelessioni/pippone mentali...sono giunta ad una conclusione diversa e ben più positiva e, per me, confortante,proprio come ho scritto.
    Hai scritto cose che condivido ampiamente nel commento al mio post e leggerò l'articolo,quindi,grazie per il Link.
    Ad ogni modo ritornando al tuo post,già avrei voluto domandarti,ma per fortuna hai già dato una risposta,come si possa definire in maniera netta e precisa la fine di un'era e l'inzio di un'altra,dato che correnti letterarie,filosofiche e artistiche germinano l'una in seno all'altra ora opponendosi mutuamente,ora ponendosi come naturali svolgimenti l'una dell'altra.
    Condivido fortemente questo tuo punto:"Un modo semplicistico per chiudere molte delle scomode questioni del postmoderno a fronte di un rinnovato e quanto mai insistente bisogno di certezze che in tempi di crisi si desiderano come non mai. La religione lo sa, in particolare mostra di saperlo molto bene Comunione e Liberazione che ha intitolato il suo recente meeting annuale di Rimini: 'E l'esistenza diventa un'immensa certezza'. Ma quando un inviato domandava ai partecipanti quale fosse la loro 'certezza' la risposta non era quella che si potrebbe aspettare da un membro di una comunità cristiana, ovvero: Gesù - bensì la certezza di essere parte di un gruppo fondato su valori condivisi (sulla qualità si può discuterne...)"
    Il problema, a mio avviso e come tu stessa scrivi,è che è stato pericolosamente confuso con una certezza un BISOGNO:essere e sentirsi parte di un gruppo dai valori comuni è un'ESIGENZA tutta umana,e qui Aristotele docet( l'uomo è zoòn politikòn),e non una certezza.
    Ora leggo l'articolo.
    A presto.
    Ps:Anche io mi sento pernennemente ignorante.Combatto ogni giorno contro la mediocrità che pare perseguitarmi in ogni dove.Forse non è poi un male,almeno saremo spinte a migliorarci intellettivamente e umanamente.

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