giovedì 24 maggio 2012

Maledimiele




Maledimiele

-

Luna di Miele

“Luna di miele” si definisce in gergo medico la fase iniziale dell’anoressia, che si presenta come una piacevole compagna capace di garantire il controllo da sempre agognato.

Maledimiele

Maledimiele esprime con la vicenda di Sara il mellifluo insidiarsi dell’anoressia, qualcosa di dolce eppure efferato, anche se la pellicola preferisce non mostrare direttamente scene di sofferenza e deperimento fisico concentrandosi piuttosto sulla dimensione psicologica data dal silenzio e dagli sguardi. 
In primo luogo quello penetrante di Sara, quindici anni, appartenente a una buona famiglia di Milano che il regista vuole farci osservare con sguardo distaccato, come da dietro un vetro. Una barriera invisibile che si avverte racchiudere e isolare i vari componenti, tra i quali non c’è mai un vero e proprio dialogo, la narrazione procede a spezzoni nel raccontare il disagio dell’anoressia-bulimia. Sintomi opposti eppure complementari, facce diverse di una medaglia che l’adolescenza si porta ingloriosamente appresso.

Il film si apre in medias res, nel corso di un pasto in famiglia durante cui si avverte il fastidio del rumore di sottofondo delle posate, una distorsione senza dubbio amplificata dal punto di vista di Sara che subito dopo si vede coinvolta in quello che è il circolo vizioso dell’abbuffata-vomito: latte e biscotti ingurgitati in pochi istanti e subito rimessi. Una volta ricomprati ne basta uno solo per perdere di nuovo il controllo. Controllo che si esercita all’oscuro dei genitori buttando il cibo, o dandolo al cane, facendo eccessivo esercizio fisico e monitorando costantemente il peso e le dimensioni del corpo. Significative le sequenze in cui Sara traccia con un pennarello nero i contorni del proprio corpo su un lenzuolo, o che recita come un mantra i comandamenti ‘pro-ana’, trucchi per dimagrire che si scambiano le ragazze sui loro blog, esaltando la magrezza come ideale di perfezione. 

38 peso perfetto

“38 peso perfetto” scrive anche Sara, protagonista del film scelta dopo una lunga selezione da parte del regista Marco Pozzi, che afferma di essere stato più volte vicino a una possibile candidata, ma di voler essere sicuro che la ragazza scelta fosse in grado di affrontare con maturità sufficiente la prova attoriale richiesta. L’attrice, Benedetta Gargari, senza dubbio si dimostra all’altezza del ruolo; ma il rischio è che lo spettatore affascinato dai suoi lineamenti non colga il profondo dolore della malattia, affrontato con molta delicatezza nella pellicola, una scelta che parla a partire dal titolo e di cui il registra mostra coerenza nel perseguire. Per questo motivo il film richiede uno spettatore il cui sguardo sia attivo rispetto alla vicenda proposta, che non manca di suggestioni a partire dai colori e dalla colonna sonora. A volte invece le sequenze appaiono rallentate da un simbolismo astratto che toglie spontaneità alla narrazione.


"Andata tutti affanculo"



La scena a mio avviso più significativa si trova quando Sara guardando in camera afferma: “Andate tutti affanculo”, è qui che emerge con potenza tutta la rabbia e il dolore che l’anoressia porta con sé, una rabbia altrimenti sottaciuta e nascosta dietro una maschera di apparente disinteresse nei confronti del mondo. È proprio invece perché il mondo interessa troppo che la paura di non esserne all’altezza spinge a concentrarsi sul proprio io corporeo. Non basta mettere in atto certi rituali ossessivi perché il disagio prenda forma, è una rottura radicale degli affetti quella che si verifica e rivela.

Anoressia e Apocalisse

L’anoressia come rivelazione e dunque come apocalisse del significato. L’apocalisse è espressione di un genere letterario apocalittico così come i disturbi alimentari sono espressione dello spirito dei tempi in cui viviamo. 
Caratteristiche del genere letterario apocalittico sono le visioni, le immagini e i simboli. Anche l’anoressia si compone di visioni, immagini e simboli, questi sono diversi come diverse sono le persone che si ammalano, fanno parte di un universo privato di cui è difficile renderne conto senza scadere nel cliché del patetico o grottesco. Marco Pozzi sembra esserne cosciente e di fatti inventa soluzioni originali, come un alambicco di vetro da cui si cerca di estrarre una x rossa, forse un ipotetico nucleo di verità, che tuttavia ricade sempre sul fondo. Altre volte prende in prestito dai racconti in prima persona che le ragazze con questi problemi espongono sui loro blog, spesso correlati d’immagini ‘thinspiration’ che vanno a comporre un immaginario distopico e crudele, innanzitutto per sé stesse. Se la censura si dimostra inutile se non dannosa, l’arte, in questo caso cinematografica, può rappresentare un’occasione preziosa per uscire dal tabù e dalle banalizzazioni mediatiche di cui anoressia e bulimia sono spesso oggetto.

Per concludere

Per concludere Maledimiele è una produzione indipendente e coraggiosa, che merita di essere conosciuta e discussa non solo nei cineforum; certo è che il gusto agro-dolce che lascia poteva essere temperato meglio con un cucchiaino di miele in meno...

Marco Pozzi presenta Maledimiele