Il posto da cui sono venuta non esiste più e quello in cui
avevo intenzione di andare si è cancellato. Il posto in cui mi trovo adesso, la
casa di mio padre, non è altro che un castello di carte che può crollare da un
momento all’altro. Io lo so, anche se ho finto di non saperlo, che sarebbe
stato incurabile. L’unico modo per sopravvivere è la rimozione integrale, l’unico
modo è essere forte, ma esattamente che significa essere forte, io, non lo so. La
mia specialità è tutto quanto sta all’incrocio tra lo strano, il triste e l’abietto.
Potere dell’orrore. Oggi sono tornata in biblioteca dopo settimane, c’era
Carmen che mi ha sorriso mentre mi dava in prestito il libro: Il filo del
pensiero. Tessere, scrivere, pensare. L’ho scelto per le mie indagini, io
indago l’impossibile nulla che mi divora. Lavoro a maglia con la materia prima
del mio spavento. Sono maestra di spavento. Una festa nera 24 ore su 24 ha
luogo nel mio cervello. Stamattina ho preso la scopa e ho tolto le ragnatele
dagli angoli del soffitto. Avverbi temporali. Domande idiote: come si formano
le ragnatele senza i ragni? Come si formano i corpi senza luce? Come si formano
le parole senza un mittente? Scrivere è sempre scrivere a e per qualcuno, io
sto scrivendo per te, sempre per te, che rimani in ascolto. Ascolta queste
parole inchiodate, dimentica le decisioni sbagliate, i gesti non necessari,
dimentica gli ultimi trenta minuti o gli ultimi trenta anni, diventa
bellissima. Stelle. Tredici sigarette. Se
voglio uscire da qui devo mangiare, un’immagine alla volta, una parola alla
volta, un minuto alla volta. Segno della croce e bacio sulle dita, preghiamo,
preghiamo, occhi chiusi. Non preghiamo perché qualcuno ci creda – nessuno ci
crederebbe mai – preghiamo di saper raccontare ancora una storia. Preghiamo.
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