martedì 24 luglio 2018

La festa nera

Il posto da cui sono venuta non esiste più e quello in cui avevo intenzione di andare si è cancellato. Il posto in cui mi trovo adesso, la casa di mio padre, non è altro che un castello di carte che può crollare da un momento all’altro. Io lo so, anche se ho finto di non saperlo, che sarebbe stato incurabile. L’unico modo per sopravvivere è la rimozione integrale, l’unico modo è essere forte, ma esattamente che significa essere forte, io, non lo so. La mia specialità è tutto quanto sta all’incrocio tra lo strano, il triste e l’abietto. Potere dell’orrore. Oggi sono tornata in biblioteca dopo settimane, c’era Carmen che mi ha sorriso mentre mi dava in prestito il libro: Il filo del pensiero. Tessere, scrivere, pensare. L’ho scelto per le mie indagini, io indago l’impossibile nulla che mi divora. Lavoro a maglia con la materia prima del mio spavento. Sono maestra di spavento. Una festa nera 24 ore su 24 ha luogo nel mio cervello. Stamattina ho preso la scopa e ho tolto le ragnatele dagli angoli del soffitto. Avverbi temporali. Domande idiote: come si formano le ragnatele senza i ragni? Come si formano i corpi senza luce? Come si formano le parole senza un mittente? Scrivere è sempre scrivere a e per qualcuno, io sto scrivendo per te, sempre per te, che rimani in ascolto. Ascolta queste parole inchiodate, dimentica le decisioni sbagliate, i gesti non necessari, dimentica gli ultimi trenta minuti o gli ultimi trenta anni, diventa bellissima. Stelle. Tredici sigarette.  Se voglio uscire da qui devo mangiare, un’immagine alla volta, una parola alla volta, un minuto alla volta. Segno della croce e bacio sulle dita, preghiamo, preghiamo, occhi chiusi. Non preghiamo perché qualcuno ci creda – nessuno ci crederebbe mai – preghiamo di saper raccontare ancora una storia. Preghiamo.

Nessun commento:

Posta un commento

*Stay hungry, stay foolish*